"C'è la bellezza e ci sono gli umiliati.
Qualunque difficoltà presenti l'impresa, non vorrei mai essere infedele né ai secondi né alla prima" A.C.

giovedì 20 ottobre 2011

Mu'ammar Sarkozy

Questa volta Sarkozy stava per fare una tripletta: in soli due giorni una figlia, una vittoria in guerra e un Governatore della Banca d'Italia. Ma qualcosa è andato storto.
Augurando all'inquilino dell'Eliseo che il vincolo biologico che lo lega alla figlia - Dalia o Julia che sia - risulti più intenso del nesso politico che (non) lo avvince al Governatore designato della Banca d'Italia, Ignazio Visco, diciamo che per una volta il nostro Governo, smarcandosi dai 'desiderata' di Sarkò, ha salvato la faccia.
Quanto alla "vittoria" della guerra di Libia, icasticamente rappresentata, per gli amanti del genere 'splatter', dalle immagini del cadavere di Gheddafi, direi due cose soltanto: il linciaggio 'contra jus' del pur sanguinario dittatore, non ferirà il cuore amantissimo e sinistrorso del cantore della 'libertè' Bernard-Henry Levy, tanto più che con questo successo Sarkò rischia di prolungare la sua permanenza all'Eliseo? E poi, per concludere, direi che noi, da bravi italiani, abbiamo adesso l'occasione di farla di nuovo in barba a Nicolas, tessendo col nuovo governo libico rapporti diplomatici ed economici che mettano in risalto la vicinanza geografica e una storia comune - benché tempestosa - e facciano così sbiadire le ragioni, venali, di un leader che ha scelto una guerra di "liberazione" straniera solo perché i sondaggi elettorali 'domestici' lo davano per spacciato.
Tutto ciò, sia ben inteso, col consueto affetto verso i cugini d'oltralpe, e attendendo con ansia di batterli di nuovo ai prossimi Europei.

giovedì 6 ottobre 2011

SE IL PAPA VUOLE LA RIVOLUZIONE


ELOGIO DELL'AZIONE - Non amo i discorsi; specie in questo periodo di stagnazione economica, di paralisi politica e di apatia morale. Apprezzo i fatti e tengo in minimo conto le parole.
In una lettera recentissima, scrivevo ad un amico: “Se saremo costretti alla lotta di tutti contro tutti per la sopravvivenza, per l'assistenza sanitaria e per un minimo di previdenza, allora la nostra sarà la prima generazione del dopo guerra a conoscere una reale involuzione sociale e, direi, etica, spirituale. Occupati a sopravvivere, infatti, perderemmo inevitabilmente di vista il perseguimento di quei valori capaci di rendere una società - e gli uomini che s'impegnano nello sforzo di costruirla - più giusta e più umana. Così perderemmo la chance di divenire, in quest'unica vita che ci è dato di vivere, più giusti e più umani”. Ciò solo per mostrare quanto io tema, attualmente, che la mancanza di un'iniziativa pragmatica possa finire per incidere negativamente sulla nostra sfera morale.

PERFORMATIVI: PAROLE CHE FANNO - Però c'è un dire che promette cambiamenti. Un dire che, scavando, riporta alla luce, genera una “conversione” che è riscoperta dell'identità, e perciò primo passo di un cambiamento.
Mi riferisco ai discorsi tenuti dal Papa nel corso dell'ultimo viaggio in Germania; testi visionari e altissimi che mi hanno tenuto compagnia negli ultimi giorni, sostituendo – senza farla rimpiangere, incredibile a dirsi! – la mia incallita lettura delle opere politiche di Camus.
Sentite qua, dal discorso del 22 settembre al Bundestag: “In gran parte della materia da regolare giuridicamente, quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente. Ma è evidente che nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell'uomo e dell'umanità, il principio maggioritario non basta – e già qui sarebbe da cascare dalla sedia, invece tutto tace, durante e dopo il discorso. E allora il Papa prosegue – Nel processo di formazione del diritto, ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento. Nel terzo secolo, il grande teologo Origene ha giustificato così la resistenza dei cristiani a certi ordinamenti giuridici in vigore: «Se qualcuno si trovasse presso il popolo della Scizia che ha leggi irreligiose e fosse costretto a vivere in mezzo a loro […], questi senz'altro agirebbe in modo molto ragionevole se, in nome della legge della verità che presso il popolo della Scizia è appunto illegalità, insieme con altri che hanno la stessa opinione, formasse associazioni anche contro l'ordinamento in vigore»”. Camus già impallidisce, troppo ripiegato sulla questione esistenziale della soggettività per poter apparire rivoluzionario almeno la metà del Papa.

ILLUMINISMO D'OLTRETEVERE - Mi chiedo che cosa intenda Ratzinger quando legge da Origene la locuzione “legge della verità”. La risposta arriva sì e no un minuto dopo: “Contrariamente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto; ha rimandato all'armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un'armonia che però presuppone l'essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio”. Ma se la Ragione creatrice di Dio non è palese - tanto che non può essere imposta, a mo' di legge coranica, per ispirare un intero ordinamento – allora va ricercata. E va ricercata con la libertà di spirito di chi sa che troverà, forse, ma senza mai poter essere certo di aver trovato; ché la Verità di Dio, come sovrabbondanza traboccante, non trova albergo nella mente o nel cuore degli uomini. E allora ditemi voi che differenza c'è fra la ricerca di Cartesio o quella di Kant e la ricerca del Papa Ratzinger. Non a caso “storicista” anche lui: sempre in Germania ha fatto riferimento più volte ad una razionalità cristiana, sorta da un milieu culturale complesso, composto da ingredienti giudaici, greci e romani. Chapeau!

AGNOSTICI IN CIELO - Posizioni evidentemente troppo all'avanguardia, per un Papa, quelle del professor Ratzinger. E infatti non sono mancate le rimbeccate infastidite – ne ho letta una, bellissima, di Marcello Veneziani sul Foglio – da parte dei commentatori di area cattolica. E allora il Papa, tanto per non lasciar adito a dubbi, spiega per filo e per segno – nel corso dell'omelia tenuta durante l'ultima messa celebrata in Germania, all'aeroporto turistico di Friburgo - quale sia il riflesso spirituale del suo pensiero giuridico, etico e in genere filosofico: “Agnostici, che a motivo della questione su Dio non trovano pace; persone che soffrono a causa dei nostri peccati e hanno desiderio di un cuore puro: sono più vicini al Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli di routine, che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato, senza che il loro cuore sia toccato dalla fede”. Trasalisco, anzi, mi commuovo. C'è una carica drammatica in queste parole pronunciate da un Papa... “L'uomo può essere vicino a Dio a prescindere da me, da noi, dalla Chiesa”, io queste espressioni le intendo così, come se un re dicesse che si può essere vassalli anche senza prostrarsi ai suoi piedi: una servitù fatta solo di libertà.
C'è una rivoluzione in nuce, strisciante eppure già esplosa, in tutte le affermazioni del Papa in Germania. E la rivoluzione consiste nella certezza della libertà, nella consapevolezza che l'uomo possa cercare Dio solo con le proprie forze, e che ogni imposizione eteronoma, ogni intervento esterno del “divino” sull'umano, non è che coercizione contraffatta, tentativo di raggiro, coartazione della libertà.

TEMPO DI DARSI DA FARE - Ma veniamo al pragmatismo: in base alle indicazioni del Papa i sedicenti cattolici inerti sono più simili ai pagani degli agnostici impegnati nella ricerca. E allora, cari cattolici, è ora di rialzarsi. Anzi, cari uomini, è ora di ripartire se aspirate a ritornare veri cattolici; perché se ve ne state seduti sulle vostre certezze, sulle rassicurazioni che vi giungono dalla mera appartenenza alla vostra chiesa – che non è la Chiesa di Papa Benedetto – allora siete più distanti da Dio degli illuministi, peccatori, ma angosciati, e perciò “davanti a voi nel Regno dei Cieli”.
Tornare ad essere cattolici, questa volta, non sarà facile. Perché occorrerà pensare, in quanto, come detto, “ ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento”.
Ciò significa, aspiranti cattolici, che è tempo di tornare alla politica con serietà. Occorre riavvicinarsi alla politica perché l'inerzia determinerebbe il prevalere “delle false leggi del popolo della Scizia”. Ma per portare avanti una politica dei cattolici non basterà affidarsi ai politici “di area cattolica”, semmai non fosse chiaro; perché costoro incarnano l'appiattimento dei credenti routinari, convinti che per appartenere all'“area cattolica” sia sufficiente presentarsi all'Angelus la domenica dopo 'il gran rifiuto' della Sapienza di accogliere il Papa all'università.
E per far politica da cristiani non basta neanche allinearsi alle opinioni tradizionalmente “cattoliche”, perché ogni conservatorismo - finalmente è chiarissimo - è bandito per principio. E allora riflettere, valutare e riconsiderare: rivedere le proprie posizioni sulle coppie di fatto, sul 'fine vita' e sulle tecniche di fecondazione assistita. E poi inventarsi una posizione originale sui temi economici, perché un cristiano potrà pure rifiutarsi di divenire dirigista, ma certe ingiustizie sociali dei giorni nostri - e la prospettiva concreta del loro perpetuarsi – impongono l'invenzione di un nuovo liberismo, di un liberismo più umano. Per la promozione della lotta dell'uomo contro l'uomo sono sufficienti i calvinisti, e speriamo che a breve una sostanziale differenziazione su questo tema segni un netto discrimine tra loro e noi; caso mai – sia detto per inciso - epurando la Chiesa da certe correnti che al protestantesimo sembrano guardare con troppo favore: strizzatina d'occhio che tende all'eresia!
Qui non mi preme proporre ricette, mi basta che sia chiaro che è ora di svegliarsi. Lo dice persino Camus, se il Papa non bastasse.